Archibald Leitch, "lo stadio come la casa"
L'elemento essenziale
Lo stadio rappresenta uno degli elementi essenziali del football sin dalle sue origini, un vero e proprio simbolo per il club e i suoi tifosi. Un rapporto quello con i supporters che con il tempo è divenuto sempre più profondo, arrivando a sviluppare un vero e proprio culto per lo stadio, ritenuto un luogo sacro dove ritrovarsi ogni qual volta la propria squadra gioca tra le mura amiche. Un miscuglio di odori e sensazioni che hanno sicuramente contribuito a renderlo ancora più magico agli occhi di ogni tifoso. Lo stadio ha inoltre, da sempre rappresentato l’emblema e la storia di una città e della sua comunità, vissuto come una seconda casa e non come semplice luogo di aggregazione.
Le origini
Alle origini del gioco, era semplicemente un prato verde con una sola tribuna in legno riservata perlopiù ai membri più facoltosi della società britannica, il resto di coloro che si stavano appassionando al football, come la classe operaia, trovava posto ai bordi del campo separati semplicemente da qualche palo e una corda. Con la crescente popolarità del gioco, lo spazio non bastava più per contenere le folle che ogni sabato pomeriggio si davano appuntamento per seguire la loro squadra. Molti club, quindi, decisero che era giunto il momento di dotarsi di impianti sportivi più funzionali, delle vere e proprie opere architettoniche e il più famoso ideatore e progettista fu lo scozzese Archibald Leitch.
Glasgow
Nato a Glasgow il 27 aprile 1865, una volta finiti gli studi di architettura iniziò ad occuparsi di progettare fabbriche e capannoni industriali nella sua città natale. Oltre alla passione per l’architettura, Archibald da buon cittadino di Glasgow tifava per i Rangers, la sua squadra del cuore fin da bambino, seguita sempre con grande passione. Probabilmente fu un caso, ma a noi piace pensare che non fu una semplice coincidenza, il primo incarico per la progettazione di un impianto sportivo non poteva che essere il rifacimento dell’iconico stadio della sua squadra del cuore. Nel 1899 grazie anche al supporto Clyde Structural Iron Company, azienda di Glasgow specializzata nella produzione di strutture di ferro, ad Archibald venne affidato l’incarico di progettare il nuovo Ibrox Park, la nuova casa dei Rangers.
Il progetto del nuovo stadio ebbe immediatamente un grande successo, sia tra i tifosi che nella dirigenza, caratteristico divenne il muro di mattoni rossi che venne collocato all’entrata, un’idea nata per poter inglobare il nuovo impianto con l’ambiente operaio circostante. Questo suo primo progetto, contribuì a renderlo famoso in tutto il Regno Unito.
Stile inconfondibile
Il suo stile inconfondibile si caratterizzava per la semplicità e funzionalità delle sue opere: impianti rettangolari, con i lati completamente chiusi, una tribuna centrale che venne chiamata main stand, l’unica con i seggiolini in legno e divisa su due piani, coperta da un tetto a spiovente in ferro con il caratteristico frontone, che divenne ben presto il suo marchio di fabbrica e dove trovava posto lo stemma e il nome del club. Una tribuna scoperta di fronte a quella principale e due gradinate laterali, anche quelle senza copertura che presero il nome di terraces. La scelta di non dotare anche gli altri settori di posti a sedere fu principalmente economica, in modo da poter avere un numero maggiore di ingressi e quindi più incassi. Le terraces divennero immediatamente il settore della working-class e il luogo del tifo più passionale, il fatto di restare più di novanta minuti tutti ammassati, cantando e incitando la propria squadra non fece altro che rafforzare l’unione tra gruppi di supporters e, col tempo, trasformare questi settori in veri e propri simboli del tifo. Tutte le end, nome che ufficialmente veniva dato a questa porzione di stadio, si caratterizzavano per un grande attaccamento e senso di appartenenza al club: la Stretfod End dell’Old Trafford, la Holte End del Villa Park, la Shed di Stamford Bridge e la Kop di Anfield Road sono solo alcuni esempi di quelle che negli anni sono divenute le più famose. Quest’ultima prende il nome da una collina dove l’esercito britannico fu sanguinosamente sconfitto nella guerra contro i Boeri del 1900, e negli anni è diventata un autentico simbolo mondiale di football e tifo.
Quarant’anni di carriera
Nei suoi quarant’anni di carriera furono più di trenta gli stadi progettati da Leitch, di questi i più famosi sono l’Old Trafford, Highbury, Anfield, Stanford Bridge, Craven Cottage, Goodison Park, Fratton Park e Villa Park, tutti impianti che hanno fatto la storia di questo sport e hanno contribuito a farlo diventare ancora più affascinante. Le opere realizzate dall’architetto scozzese hanno rappresentato un punto di inizio innovativo nella realizzazione degli stadi, tutti impianti storici che hanno resistito fino all’inizio degli anni Novanta, quando ormai il football si apprestava a cambiare radicalmente e come già era successo alle origini del gioco gli spazi non bastavano nuovamente più. Il problema hooligans aveva fatto riemergere tutta l’inadeguatezza e la poca manutenzione degli stadi e le opere di Leitch sembravano non riuscire più a stare al passo con i tempi. All’indomani del Taylor Report molti club si trovarono di fronte ad un bivio per via delle nuove regole di sicurezza appena emanate. La scelta era tra ristrutturare o trasferirsi in una nuova località, vendendo lo stadio e la sua sede ad una compagnia di costruzioni per edificare nuove zone residenziali e realizzarne uno nuovo. Inizialmente, data anche l’opposizione sia dei tifosi che di alcuni residenti delle nuove zone interessate alla costruzione, solamente poche società pensarono di traslocare in altra sede, preferendo intervenire sull’impianto esistente fino a quando, con l’avvento di nuove proprietà e un football sempre più globale, l’idea di realizzare nuovi impianti si fece sempre più concreta.
Trinity Road Stand
Nel 2001, la Trinity Road Stand del Villa Park di Birmingham, una delle tribune più belle mai realizzate da Leitch, addobbata da mosaici italiani, con eleganti fregi in pietra rossa, ampie scalinate, le caratteristiche vetrate in ferro battuto e dotata di ristorante al suo interno, venne abbattuta completamente per far posto ad una più moderna e funzionale. In questi nuovi progetti vennero raramente coinvolti i tifosi e la comunità, che dovettero accettare il risultato di nuove politiche societarie e finanziare. Iniziò così una vera e propria rivoluzione, che interessò maggiormente gli impianti dei club più blasonati e con un grande seguito. Un’altra grande opera dell’architetto scozzese a Londra, Highbury, storico stadio dell’Arsenal venne demolito nel 2006, al suo posto venne deciso di edificare un complesso di appartamenti, nel quale però venne posizionata una targa in ricordo di un luogo che ha fatto la storia del football britannico. Poco distante venne individuata, in breve tempo, una nuova zona edificabile, nella quale sorse il nuovo Emirates Stadium, uno stadio dalla maggiore capienza molto simile al nuovo Wembley che nello stesso periodo aveva sostituito l’Empire Stadium. Stadi moderni dotati di tutti i comfort ma che avevano perso quell’atmosfera che da sempre aveva caratterizzato gli impianti d’Oltremanica, a questo si aggiungeva la perdita anche del nome che molto spesso indicava una zona o un particolare quartiere della città a favore di lauti contratti di sponsorizzazione.
Stamford Bridge
Non tutte le opere di Leitch vennero però demolite, Stanford Bridge casa del Chelsea ha subito diverse ristrutturazioni ma senza mai modificare la sua originale struttura, stessa cosa avvenne anche per lo storico stadio del Liverpool Anfield, che pur in nome di una sempre maggiore globalizzazione è rimasto fedele all’impianto originale progettato dall’architetto scozzese.
In tutto questo clima di grande rinnovamento ci sono alcuni impianti che non vogliono privarsi del loro passato e, nonostante siano stati avviati importanti progetti di ristrutturazione, mantengono almeno in parte tutta l’atmosfera e il sapore degli stadi passati. Tra questi, i più emblematici sono Selhurst Park, casa del Crystal Palace, dove la tribuna centrale è rimasta praticamente originale, il Fratton Park di Portsmoth, Goodison Park e il Craven Cottage, storico impianto che ospita le partite del Fulham. Quest’ultimo è stato inserito dal governo nelle opere architettoniche da preservare. Gli elementi caratteristici di Letich sono rimasti intatti: la facciata esterna in mattoncini rossi, i seggiolini in legno in stile retrò e i piloni di supporto alla copertura della tribuna., Sorge in una zona della periferia di Londra molto suggestiva dove, a pochi metri della Riverside Stand, scorre il Tamigi, immersa nel verde di Bishop’s Park. Il nome deriva dal Cottage che è stato inglobato nella struttura dello stadio, commissionato nel 1780 dal barone Craven. Nonostante il cambio di proprietà, la società ha fatto sì che si mantenesse il simbolo di questa zona londinese apportando solo dei lavori di ampliamento e ristrutturazione.
Oltre l’edificio
Lo stadio, quindi, ha sempre rappresentato qualcosa che va oltre l’edificio, un simbolo di un passato dove lo sport non era profitto, bensì unione di una comunità e grande ruolo sociale. Lo smantellamento di quelli che erano gli storici impianti ha portato il football ad apparire come sempre più distante dagli storici tifosi, mentre ha aperto le porte per nuove tipologie di supporters, come le donne e i turisti stranieri. Non solo: se analizziamo bene lo scenario, scopriamo che in molti contesti un nuovo stadio è stato inserito in un programma di riqualificazione cittadina molto più vasto, ultimo in ordine di tempo il nuovo stadio dell’Everton. La nuova proprietà, prima di sviluppare il progetto, ha voluto consultare sia i tifosi sia i semplici cittadini di Liverpool, sottoponendo loro una serie di progetti per il nuovo impianto. Alla fine, è stato accolto con grande entusiasmo quello che riguarda la costruzione e quindi annessa riqualificazione dello storico Bramley-Moore Dock, antico molo di grande interesse culturale per la città.
Il risultato di questa metamorfosi ha generato una serie di grandi cambiamenti nel football, ma la passione per il gioco è rimasta immutata. Nonostante ci si avvii verso una sempre maggior globalizzazione, quelle che sono le basi reali di questo sport non potranno mai essere scalfite e i capolavori di Leitch resteranno sempre nella memoria di tutti i tifosi.
di Francesco Giuseppe Santocono