Un pezzo di storia


Vi avevamo già raccontato la lunga storia delCray Wanderers, la più antica squadra di Londra, fondata nel 1860 da un gruppo di operai e ferrovieri impegnati nella costruzione di una nuova linea nella zona dove oggi gli eleganti centri del Borough di Bromley sfumano nella campagna del Kent. In questi giorni sono partiti i lavori per la costruzione del primo vero stadio di proprietà di questa storica società, un progetto ambizioso che sta rapidamente prendendo forma, esaltando i tifosi gialloneri e dando una nuova spinta ai sogni dei Wanderers.

Nel profondo sud


Il Flamingo Park sarà un impianto di ultima generazione, pienamente rispondente ai requisiti della FA per un club della settima serie, livello al quale il Cray Wanderers gioca al momento, e con ampi margini di crescita.
Per la società sarà l’occasione di mettersi alla pari delle rivali in campionato e la fine delle peregrinazioni in giro per il sud di Londra, per quasi mezzo secolo infatti il club ha giocato in strutture preesistenti e non di sua proprietà, situazione piuttosto curiosa per la squadra più antica della Città del Calcio.

Il progetto


Il terreno di gioco sarà affiancato da una tribuna da 1300 posti e facilmente raggiungibile con il trasporto pubblico. Il progetto inoltre comprende anche ulteriori campi da allenamento, sia di calcio ad undici che di calcio a sette, il meritatissimo e quanto mai necessario museo della squadra, una palestra, una clubhouse, un pub ed un comodo parcheggio.
Non sarà dunque un semplice stadio di proprietà, ma, come sempre accade a nord della Manica, di un luogo di aggregazione per tifosi e simpatizzanti dei Wanderers, nonché per l’intera comunità del quartiere. Il fatto che una società dilettantistica della settima serie inglese punti su uno stadio di proprietà, con il circolo virtuoso che questo inevitabilmente innesca, costituisce un poderoso messaggio per quelle realtà in cui il calcio sembra essersi allontanato dal sostrato sociale, inalberandosi su vetuste posizioni ed assurde rivalità, sia sportive che culturali.
 

di Michele Mele