Il mito degli Invincibili

Karl Fredrik Ljungberg, per tutti semplicemente Freddie Ljungberg, è stato il simbolo di quell'Arsenal che ha fatto venire gli occhi lucidi nel Nord di Londra. Dalla Svezia con furore, con l'ardore di chi vuole essere protagnista dietro e davanti le quinte. Riconoscibilissimo per quella chioma stravagante, capelli rossi, e per le giocate ad effetto che contraddistinsero l'Arsenal di un po' di tempo fa. Uno delle pedine inamovibili dello scacchiere tattico dei Gunners, che negli anni d'oro facevano paura in tutta l'Inghilterra. Highbury era un fortino e il prato del North London era un palcoscenico prestigioso, quando proibito, infatti nacque proprio dalle parti d Arsenal Station il mito degli Invincibili.

Una sera di Settembre

Una sera di settembre del 1998, Arsène Wenger guardò in TV il match disputatosi a Stoccolma tra Inghilterra e Svezia. David Seaman e Tony Adams erano i Gunners che militavano tra le fila degli inglesi, ma il tecnico alsaziano fu particolarmente colpito da un giovane esterno svedese. Quel giovane prodigio si rese protagonista di un’esibizione impressionante contro molte delle star della Premier League. La sua performance contro l’Inghilterra fu sufficiente a convincere Wenger a ingaggiare Karl Frederik Ljungberg. In un’epoca precedente a Zlatan Ibrahimović, le speranze calcistiche della Svezia erano tutte riposte in Freddie Ljungberg. La nazione nordica ha avuto maggiore successo nei grandi tornei sotto la guida talismanica dell’ex centrocampista dell’Arsenal.

Le sue posizioni a supporto della punta centrale e le sue acconciature sono state svariate negli anni di Highbury, così come svariato è stato il suo repertorio. Un mix di tecnica e rapidità che lo ha portato ad essere considerato uno dei giocatori più talentuosi ad aver indossato la maglia dei Gunners dall’istituzione della Premier League. Dopo quell’amichevole contro l’Inghilterra nel 1998, l’avventura di Ljungberg con l’Halmstands si era conclusa. Nonostante avesse solo 20 anni, aveva dato tutto quello che c’era da dare alla compagine del suo Paese natale.

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Freddie Ljungberg con la maglia dell'Arsenal - Photo by Arsenal .com

Coppa di Svezia

Dopo essere stato promosso in prima squadra nel 1995, Ljungberg conquistò l’Allsvenskan e la Coppa di Svezia. I suoi gol e i suoi assist hanno avuto una notevole influenza per il raggiungimento di questi traguardi, ma in Svezia i suoi inizi furono caratterizzati da qualche infortunio di troppo. Nel 1995, l’Halmstads partecipò alla Coppa delle Coppe e un giovane Ljungberg impressionò. Gli svedesi ospitarono un Parma fortissimo, che vantava tra le proprie fila Fabio Cannavaro, Hristo Stoichkov, Gianfranco Zola e un giovane Filippo Inzaghi, tra gli altri. Nel 3-0 in Svezia, Il giovane svedese lasciò il segno, mentre sfiorò il gol in un paio di occasioni al ritorno, nonostante la rimonta dei ducali fino al 4-0.

Il ragazzo nordico

Tre anni più tardi, Ljungberg si presentò sui campi della Premier League con la maglia dell’Arsenal. Il suo debutto avvenne contro il Manchester United di Sir Alex Ferguson, una delle squadre più forti al mondo all’epoca. Con i Gunners già due gol in vantaggio grazie a Tony Adams e Nicolas Anelka, Ljungberg timbrò anche lui il cartellino, battendo Peter Schmeichel. Con quel gol contro i rivali più competitivi dell’Arsenal, la folla di Highbury andò subito in visibilio e fu amore a prima vista con quel ragazzo nordico. Non molto tempo dopo l’arrivo in Inghilterra, i tifosi dei Gunners lo ribattezzarono Freddie ed è noto ancora ogni con quel soprannome. Quel gol contro lo United fu l’ultimo di Ljungberg di quella stagione, quando l’Arsenal perse punti e finì dietro a Red Devils nella classifica di Premier League. I Gunners furono inoltre eliminati ai gironi di Champions.

L’arrivo di Thierry Henry nell’estate del 1999 condusse l’Arsenal in un’altra dimensione e tutta la squadra beneficiò della classe del campione francese. Ljungberg diventò un ingranaggio vitale di quella che andava via via consolidandosi come una vera e propria macchina, giocando titolare anche nei match più importanti e lottando ancora una volta con lo United per il titolo, almeno all’inizio. Un titolo ancora una volta scappato, visto che la squadra di Ferguson prese il largo.

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Freddie Ljungberg con la maglia dell'Arsenal - Photo by planetfootball

L'elite del calcio

La sua miglior partita nel 1999/2000 fu quella contro il Leeds e in quella stagione Ljungberg mise a segno 6 gol in campionato 2 in Coppa UEFA. I Gunners, orfani dello svedese, persero poi la finale contro il Galatasaray. In campionato si trovarono di fronte a una delle migliori squadre che il Paese abbia mai visto, quel Manchester United che conquistò il titolo. Nelle stagioni successive, a Nord di Londra stava nascendo una squadra che sarebbe entrata nell’elite del calcio europeo. L’astuzia e l’intelligenza calcistica di Ljungberg, che si sposavano alla perfezione con le sue doti tecniche e atletiche, contribuirono più di quanto Arsène Wenger potesse immaginare qualche anno prima mentre lo guardava in TV in quel match tra nazionali. Era un periodo in cui all’Arsenal di Wenger, con Robert Pirès, Sylvain Wiltord e Patrick Vieira, assieme alla punta di diamante Thierry Henry, era formato da uno zoccolo duro francese. Ljungberg aggiunse una certa determinazione d’acciaio, pragmatismo e compostezza all’espressività francese, un equilibrio che rese l’Arsenal una macchina totale.

Il pertugio

Due gol di Michael Owen allo scadere negarono lo status di eroe della FA Cup a Ljungberg dopo che lo svedese aprì le marcature nella finale al Millennium Stadium di Cardiff nel 2001. Il centrocampista offensivo con il taglio alla Mohawk dribblò il portiere avversario Sander Westerveld prima di segnare a porta vuota. Un anno dopo, Ljungberg fece la stessa cosa in una finale di FA Cup, ma quella volta alzò il trofeo. Il match contro il Chelsea era sull’1-0 per i Gunners. Lo svedese vide un pertugio nella difesa dei Blues e si incuneò, superando Claudio Cudicini con un delizioso tocco. Al gol Lee Dixon, che si stava scaldando dietro la porta andò in visibilio, così come i compagni dell’Arsenal.

Scalare la montagna

La montagna del Manchester United di Sir Alex Ferguson fu scalata con successo nella stagione successiva, quando l’Arsenal vinse il titolo. I Gunners sconfissero i Red Devils a Highbury, con Ljungberg che segnò il primo gol nel 3-1 finale. Una vittoria al Goodison Park all’inizio di febbraio, grazie a una rete di Wiltord, segnò l’inizio di una striscia vincente di 13 partite grazie alla quale l’Arsenal respinse la minaccia del Liverpool. Nelle giornate finali, Ljungberg segnò contro West Ham e Bolton e i Gunners avevano l’occasione di vincere il titolo a Old Trafford. Wiltord, coadiuvato da Ljungberg, segnò il gol decisivo quel giorno strappando il titolo di campione al Manchester United. Ljungberg chiuse la stagione con 12 gol in campionato e, grazie alle sue eccezionali e prestazioni, fu nominato Player of the Season della Premier League 2001/2002. Era oramai nato l’Arsenal degli Invincibili. In estate, la prima Coppa del Mondo di Ljungberg si concluse con una delusione. Nelle settimane precedenti il torneo in Corea e in Giappone, Ljungberg e Mellberg furono divisi a seguito di un litigio in allenamento. Nonostante le divisioni all’interno dello spogliatoio, una squadra di talento come la Svezia riuscì comunque a superare il suo Gruppo della Morte davanti a Inghilterra e Argentina. Ljungberg, vittima di un infortunio all’anca, riuscì a disputare solo due partite nei gironi, oltre al match perso contro il Senegal. In quella partita fu degna di nota la perla di Alexandersson, che si liberò degli avversari con un numero pazzesco, prima di colpire il palo.

Nazionale

Quattro anni dopo, con la Svezia che presentava in squadra Zlatan Ibrahimović, Ljungberg lasciò il segno al Mondiale vinto dalla nostra nazionale. Il suo gol contro il Paraguay nella fase a gironi aiutò il suo Paese a qualificarsi agli ottavi, finendo dietro all’Inghilterra in seconda posizione e raggiungendo gli ultimi 16. Il reparto offensivo era tra i più forti della competizione, potendo contare su Ljungberg, Larsson e Ibrahimovic. Due anni prima la Svezia fu eliminata dall’Olanda ai rigori, mentre nel 2006 dalla Germania, per effetto di una doppietta di Podolski.

Storia del calcio

In termini di gol, nelle due stagioni successive, Ljungberg non fu prolifico come nel 2001-2002, ma in termini di contributo allo stile di gioco della squadra fu fondamentale come sempre. In uno dei percorsi più impressionanti nella storia del calcio inglese, l’Arsenal rimase imbattuto in Premier, guadagnandosi definitivamente l’appellativo di squadra invincibile. Wenger aveva costruito una macchina vincente, che era tanto elegante ed efficiente in attacco quanto quasi impenetrabile in difesa. Ljungberg era spesso schierato a destra, ma poteva anche giocare al centro o come seconda punta: la sua versatilità si è rivelata uno dei suoi punti di forza. In quella stagione si erano perse le tracce di un giovane sfacciato con il taglio Mohawk. Il suo gioco era ormai meno dinamico ma non per questo meno intelligente. Nel 2004-2005, la vittoria della Premier andò ai rivali del Chelsea, che con Mourinho crearono una dinastia, ma Ljungberg si tolse lo sfizio di vincere la FA Cup.

La finale di Champions League

Nonostante i numerosi successi nazionali sotto Wenger, mancava ancora qualcosa nella bacheca dei trofei dell’Arsenal: la Champions League. Ljungberg disputò solo cinque delle tredici partite dell’edizione del 2006, in quanto la sua stagione fu condizionata dagli infortuni. La sua squadra eliminò il Real Madrid, la Juventus e il Villarreal nelle fasi ad eliminazione diretta, segnando solo quattro gol e pareggiando tre partite, ma non subendo nessun gol. Gli uomini di Wenger erano una squadra impressionante e temibile. Il recupero di Ljungberg fu fondamentale e i Gunners arrivarono con la fiducia a mille alla finale di Parigi contro il Barcellona. Lo svedese fu schierato al fianco di Henry, Pires, Alexander Hleb e di un 19enne Cesc Fàbregas, contro Ronaldinho, Samuel Eto’o, Deco e Carles Puyol tra le fila del Barcellona. Dopo l’espulsione iniziale del portiere Jens Lehmann, Sol Campbell diede il vantaggio all’Arsenal, battendo Victor Valdés con un colpo di testa. I Gunners sfiorarono il raddoppio a inizio ripresa, con Ljungberg che si incuneò tra le maglie avversarie ma Valdés respinse la sua conclusione. Poi l’uno due micidiale da parte dei catalani, prima con Eto’o e poi con Juliano Belletti, distrusse i sogni di gloria di un Arsenal che avrebbe vinto la sua prima Champions League. La squadra londinese era a soli 12 minuti dalla gloria, ma non riuscì a resistere in 10 contro 11. In parità numerica, con ogni probabilità, sarebbe stata tutt’altra storia. Quel match segnò l’inizio della fine dell’avventura di un Ljungberg ancora 29enne con la maglia dei Gunners.

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Sol Cambell esulta dopo aver realizzato la rete dell'1-0 nella finale di Champions League contro il Barcellona (17 Maggio 2006) - Photo by Arsenal.com

Addio

Dopo il suo addio all’Arsenal consumatosi 2007, Ljungberg ha girato parecchio. Lo svedese ha giocato con il West Ham, poi in Major League Soccer prima di passare in J League giapponese e in Super League indiana. Come tecnico ha iniziato nell’under 15 dell’Arsenal prima di andare a ricoprire l’incarico di assistente di Andries Jonker al Wolfsburg. Non è ancora chiaro cosa aspettarsi Ljungberg in veste di allenatore, ma se riuscirà a raggiungere la metà del successo che ha ottenuto all’Arsenal, allora potremo dire che avrà fatto un buon lavoro. Come tecnico ad interim dei Gunners ha vinto una sola partita su sei, nelle poco più di tre settimane alla guida. Giocatore con una mentalità vincente, che scuramente vorrà replicare le gesta anche sulla panchina. Per ora rimane il ricordo di quella cresta rossa e di quelle corse sul prato di Highbury, ma Freddie Ljungberg ha già fatto le prove generale per diventare anche un grande allenatore

di Vincenzo Di Maso