11 Novembre

Ogni anno l’11 novembre in tutto il Regno Unito, si celebra il Remembrance Day, una giornata istituita nel 1919 da re Giorgio V per commemorare la fine della Prima guerra mondiale e che successivamente venne estesa al ricordo delle vittime di tutti i conflitti al quale la Gran Bretagna ha partecipato.

Il papavero, in inglese “poppy”, divenne il simbolo di questa giornata di ricordo, grazie ad una poesia “In Flanders Fields” scritta dall’ufficiale canadese John McCrae che morì in combattimento. Pubblicata su una rivista venne letta da una professoressa americana impegnata in attività umanitarie la quale pensò di rendere il papavero il simbolo del sacrificio di milioni di giovani al fronte utilizzandolo per decorare i luoghi dove venivano celebrate le manifestazioni di ricordo. Successivamente i papaveri iniziarono ad essere venduti e con il ricavato finanziare le varie associazioni di reduci che nel frattempo nacquero. Nel 1921 la British Legion la più importante associazione dei veterani di guerra britannici iniziò questa attività che ancora oggi prosegue, tanto che il Remembrance Day venne ribattezzato “Poppy Day”

Poppy
Poppy - Photo by James Harris on Unsplash

Un momento di raccoglimento

Un momento di raccoglimento per tutto il paese che coinvolge anche il football, è ormai consuetudine vedere sia gli allenatori, portare la spilla raffigurante il papavero della memoria che i giocatori avere al centro della maglia l’adesivo raffigurante il “poppy”. Inoltre, prima del fischio di inizio, in tutti i campi, è ormai tradizioni da diversi anni tenere una piccola cerimonia alla quale partecipano componenti delle forze armate al quale tutto il pubblico presente rende onore, seguita da un toccante minuti di silenzio, affinché quel sacrificio non venga mai dimenticato.

Il legame tra la Prima guerra mondiale e il football è molto profondo, quando nell’agosto del 1914 la Gran Bretagna entrò in guerra, l’allora Football League si apprestava ad iniziare la sua ventisettesima stagione, ormai il campionato era diventato nazionale riuscendo ad unire in un unico torneo sia le squadre del nord che quelle del sud del Paese. L’inizio del conflitto fu accolto dalla popolazione britannica con grande entusiasmo e partecipazione. Tutti si aspettavano una guerra breve e, mentre le altre associazioni sportive interruppero immediatamente ogni attività e competizione per prestare il loro contributi allo sforzo bellico, il mondo del calcio decise di continuare sollevando non poche polemiche nell’opinione pubblica.

Calcio
Il Calcio ai tempi della guerra - Photo by Financial Times

Il Times

Il “Times”, anche allora uno tra i giornali più attivi dell’epoca, già nel novembre dello stesso anno pubblicava, nella sezione dedicata alle lettere dei lettori, dei pesanti attacchi verso i club e gli spettatori, accusandoli di sottrarre preziose reclute all’arruolamento e di contribuire in questo modo alla vittoria tedesca. Lo stesso giornale, successivamente, rincarò la dose, avviando una vera e propria campagna contro il football e i suoi vertici, intitolata “Petticoats for footballers”, letteralmente “sottane per calciatori”. Vennero pubblicate una serie di inchieste, nelle quali furono resi noti i reali numeri degli arruolati provenienti dai vari club, mettendo in luce come il mondo del calcio non stesse contribuendo affatto allo sforzo bellico del Paese. Gli appelli alla sospensione di ogni competizione calcistica arrivarono anche dalla politica e dal mondo della cultura, Arthur Conan Doyle, padre dei romanzi di Sherlock Holmes e grande appassionato di football lanciò un appello pubblico:

"C'è un tempo per tutte le cose del mondo. C'è stato un tempo per i giochi, c'è stato un tempo per le imprese, e c’è stato un tempo per vita domestica. C'è stato un tempo per tutto, ma adesso c'è solo il tempo per una cosa: la guerra. Se un giocatore di cricket ha un occhio vigile lo usi attraverso la canna di un fucile. Se un calciatore ha la forza di un arto potente lo usi per marciare nel campo di battaglia". Nonostante quindi il sollevarsi di queste numerose polemiche, la FA cercò di difendere la sua scelta di continuare, dimostrando all’opinione pubblica di star a modo suo contribuendo alla causa bellica.

Football Battalion
Football Battalion - Photo by Bbc.co.uk

Le esercitazioni dei soldati

La FA si mise a completa disposizione del War Office, offrendo l’uso dei terreni di gioco di tutti i club per le esercitazioni dei soldati e attuando una serie di iniziative che riscossero molto successo soprattutto a livello di popolarità. Vennero organizzate raccolte fondi per i soldati impegnati al fronte durante le partite e delle vere e proprie campagne di arruolamento durante le partite, celebre il manifesto comparso all’ingresso di Stamford Bridge che incoraggiava i tifosi ad arruolarsi per giocare la partita più importante. Tutto questo però non fece placare le polemiche e le richieste di sospensione aumentarono iniziando a coinvolgere soprattutto l’élite e la classe media che dall’avvento del professionismo vedevano in questo sport solo corruzione e denaro.

Una volta compreso che la guerra non si sarebbe risolta in breve tempo, il malcontento popolare cresceva e il War Office decise nuovamente di sfruttare la grande popolarità del football. Alle nuove campagne di arruolamento e incoraggiamento parteciparono in prima persona i calciatori, usati come “testimonial” per invogliare sempre più giovani a partecipare al conflitto. Mentre il campionato continuava nel dicembre del 1914 nacque il 17th Service Battalion, Middlesex Regiment, fondatosi sul motto: “The charge at football is good, that with a bayonet finer”. Venne soprannominato dalla stampa “Football Battalion” perché il primo ad aderirvi fu Frank Buckley centrocampista della nazionale inglese, lo scopo era quello di far leva sulla grande passione per il football per poter arruolare i tifosi. E fu proprio quello che accadde, inizialmente ben pochi calciatori professionisti lasciarono il calcio per arruolarsi a differenza di migliaia numerosi supporters che attirati dalla possibilità di combattere fianco a fianco ai propri beniamini vi aderirono, superando in poche settimane le seicento unità.

Furono molte le figure emblematiche legate a questo battaglione, tra queste ricordiamo Walter Tull, originario delle Barbados e primo calciatore di colore a diventare professionista, giocò prima tra le fila del Tottenham e poi nel Northampton Town, diventando fin da subito il beniamino di entrambe le tifoserie. Allo scoppio della guerra fu il primo giocatore dei Cobbiers ad arruolarsi e nel 1916, viste le sue grandi capacità di leader (che dal campo aveva portato in battaglia), venne ammesso al corso ufficiali, diventando così il primo ufficiale di colore della storia dell’esercito britannico. Una volta terminato il corso, venne inviato in Italia presso la linea del Piave dove guidò brillantemente due incursioni senza registrare perdite. Le sue grandi doti di comandante gli valsero il trasferimento sul fronte francese. Il 25 marzo 1918 partecipò, nella valle della Somme, all’ennesimo attacco alle linee nemiche dove venne colpito e morì successivamente per le ferite riportate. Una volta terminato il conflitto non gli venne mai conferita una medaglia al valore, sebbene quello che riuscì a rappresentare per l’epoca andò ben oltre un riconoscimento ufficiale.

Calcio
Il calcio di una volta - Photo by Hearts Fc

 

Maggio 1915

Nel maggio del 1915 per volere del Rt. Hon Joynson Hicks, venne formato il 23rd Middlesex Regiment, un secondo battaglione al quale questa volta aderirono realmente solo calciatori. Fu inviato l’anno successivo in Francia, dove prese parte a numerose battaglie e, nel 1917 venne inviato sul fronte italiano per arginare l’offensiva tedesca dopo la rotta di Caporetto.

Entrambi i “Football Battalion” parteciparono agli scontri più sanguinosi del primo conflitto mondiale. Molti giovani calciatori, dal campo si ritrovarono nel fango di una trincea dove persero la vita, quasi tutte le squadre pagarono un prezzo altissimo in vite umane, questo fece si che il ricordo per il mondo del calcio sia ancora oggi forte come dimostrano anche i numerosi striscioni in ricordi sia dei calciatori ma anche di gruppi di tifosi che sacrificarono la loro vita.

Se all’inizio, battaglioni di soli calciatori professionisti vennero visti con diffidenza, in poco tempo seppero però affermare il loro valore. Nel novembre del 1915 a pochi mesi dall’arrivo dei primi calciatori al fronte, il colonnello Henry Fenwick, comandante del 17th Middlesex Regiment scrisse queste parole:

“Non conoscevo nessun calciatore professionista quando ho accettato questo incarico. Ma ho imparato molto da loro. Andrei ovunque con questi uomini, il loro spirito di squadra era incredibile. Questo grazie al calcio che li ha uniti non solo in amicizia ma in un senso di appartenenza che solo questo sport può dare.

 Football Battalion
Secondo Football Battalion 1938 - Photo by Grenadier Guards

Il football protagonista

Il football fu sempre protagonista nella vita dei soldati al fronte, uno degli episodi più celebri che ebbe questo sport come protagonista fu la tregua di Natale. Il giorno della Vigilia di Natale, nelle trincee di Ypres, teatro dei più cruenti combattimenti sul fronte francese, soldati britannici e tedeschi decisero di comune accordo di posare le armi per un giorno, uscire dalle fangose trincee per stringersi la mano, cantare e scambiarsi doni. Fu un evento del tutto spontaneo e inaspettato, come quello di formare due squadre e dar vita ad una vera e propria partita di calcio in quella che era definita la “terra di nessuno”, alla quale parteciparono settanta inglesi contro cinquanta inglese e per la cronaca finì 3 a 2 per i britannici. Non fu l’unico momento in cui il calcio entrò a far parte della vita dei soldati, nei momenti liberi dalla prima linea era consuetudine organizzare spesso partite tra battaglioni, arrivando in breve tempo ad instituire per un breve periodo una vera e propria competizione che venne chiamata “Divisional Cup”. Lo stesso Stato Maggiore che inizialmente vedeva il calcio come una pratica fuorviante per gli impegni

bellici dei soldati, capì che in realtà era il mezzo con cui le truppe potevano svagarsi e sentirsi meno lontani da casa ma anche per infondere coraggio a dei ragazzi ormai logorati da un conflitto che sembrava non volesse mai finire.

Nel 1916, in Piccardia sul fronte francese, il capitano Nevill dell’East Surrey Regiment uscì dalla trincea e diede un calcio ad un pallone: fu quello il segnale d’attacco per il suo battaglione in una delle battaglie peggiori per l’esercito britannico, in cui persero la vita più di 55.000 uomini. Lo stesso Nevill rimase ucciso durante l’assalto ma quell’episodio divenne ben presto celebre. Le ricerche storiche condotte gli anni successivi hanno rivelato che il capitano avesse realmente acquistato quattro palloni nel suo ultimo congedo a Londra, i quali furono prontamente recuperati al termine della battaglia e tuttora vengono conservati al National Army Museum e al e al Queen's Regiment Museum Howe Barracks di Canterbury. La sua passione per il football riportò il capitano Nevill, in un impeto nostalgico, con la mente ad una delle tante partite del sabato pomeriggio, facendo assaporare ai suoi uomini per un istante la normalità, infondendo loro il coraggio necessario per intraprendere l’ennesimo assalto. In fondo, sapeva fin troppo bene che in questa partita il fischio finale sarebbe stato quello della morte.

di Francesco Giuseppe Santocono