Super League? No, grazie. Ridateci il calcio di una volta
La tavola dei potenti
La SuperLeague o Superlega (per dirlo all’italiana) rischia di rompere per sempre gli equilibri del calcio europeo, e non solo. Una lega di 15 club, tra i più forti e blasonati, che un bel giorno si svegliano e decidono di sedere alla tavola dei “potenti” per mettersi in proprio e fondare una competizione, l’idea sarebbe addirittura quella di aprire i battenti ad Agosto 2021.
Addio al calcio quello vero
La Superlega rischia di mandare in frantumi il calcio europeo. Perchè avrà 15 membri, che parteciperanno di diritto sempre (!) alla manifestazione. In barba a quei criteri - il merito sportivo - che muove le competizioni. Con dentro club milionari, guidati da sceicchi, emiri e sultani, ma con curriculum scarni. Asciutti. E con la porta sbarrata a chi invece avrebbe da esibire titoli e riconoscimenti degli anni passati.
I tifosi non ci stanno
Soldi, ricchezza e business sono ovviamente alla base del progetto, che porterebbe nelle casse delle squadre partecipanti una svariata quantita di milioncini. Le reazioni dei tifosi, anche degli stessi club fondatori, non si sono fatte attendere e tutti si dicono indignati per come i denari finiranno per uccidere il calcio.
Il calcio è della gente
Il calcio è della gente. Il calcio è di tutti. Il calcio è comunità e questa SuperLeague sembra arrivare nel momento meno idoneo, nel bel mezzo di una pandemia e con tanti club sull’orlo del baratro. Con l’incubo fallimento dietro l’angolo. Lo scenario che si prospetta è apocalittico e le squadre che parteciperanno a questa nuova competizione rischiano, paradossalmente, di essere escluse da tutte le altre. Togliere la possibilità alle squadre medio-piccole di giocare per qualcosa di importante è un vero e proprio sabotaggio del sistema calcio. Che negli ultimi tempi ha già subito scossoni importanti. Il football proletario, nato per il popolo nei campi di periferia, non esiste più e i fans si sentono depredati di quella passione che ardeva e faceva battere il cuore per novanta minuti a settimana.
Nostalgia
Il gol di Pasquale Luiso (con la maglia del Vicenza) a Stamford Bridge è ormai un lontano ricordo della vecchia Coppa delle Coppe che si giocava il Giovedì, la stoica rimonta del Fulham ai danni della Juventus, in quella notte del Craven Cottage appartiene ormai all'antico concetto di Coppa UEFA che in epoca moderna diventa Europa League, e ancora la zampata di Gabriel Omar Batistuta nella notte di Wembley contro l'Arsenal appartiene a un'altra vita. Belli erano tempi in cui il Vicenza provinciale di Guidolin contendeva al Chelsea di Vialli una semifinale europea, belli erano i tempi in cui la grande Juventus si inchinava al piccolo Fulham di Roy Hodgson, belli erano i tempi in cui la Fiorentina batteva l'Arsenal di Wenger. Tempi in cui si poteva sperare che la 'piccola' di turno, in stato di grazia, potesse silenziare le velleità di successo di una 'grande'. Nostalgia, profonda nostalgia.
Conclusioni
La Superlega stancherà. Dopo tre settimane. O forse addirittura due. Vi piacerà assistere quattro volte a settimana a Real Madrid-Liverpool? A Manchester City-Milan? Tottenham-Barcellona? Oppure ad un Juventus-Inter, derby d'Italia, tra undicesima e tredicesima della classifica 'europea'? I tifosi amano il pathos. E la rivalità sportiva. Bisogna salvare il campanilismo. Se viene meno il pathos delle retrocessioni e i derby, l'attesa delle grandi sfide, delle notti europee, si crea disinteresse nella stragrande maggioranza dei tifosi. E le partite diventano scatole vuote. Di plastica. Che non suscitano alcuna emozione. Noi , come tutti, abbiamo cercato di fare un'analisi di quello che sta succedendo e sullo sfondo non sembra esserci quel lieto fine che in molti auspicano. Continueremo a raccontarvi il calcio di periferia, continueremo a narrarvi le partite di provincia, continueremo a regalarvi scorci di quei quartieri che custodiscono la casa dei club di settima, ottava, nona serie, e che giocano ancora più in basso, perchè in fondo in fondo, il calcio è una merce rara, il calcio è di tutti.
di Redazione Il Calcio a Londra